L’ambiente è al secondo posto nelle apprensioni dei cittadini che considerano per il 72% i rifiuti uno dei problemi principali su cui si dicono però piuttosto preparati dichiarando di essere particolarmente informati sulla raccolta differenziata (78%), salvo poi dimostrare una minor consapevolezza relativamente al loro riciclo, ed in particolare sui rifiuti non urbani, come gli speciali di cui solo il 39% del campione si dice informato. Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca “Gli italiani ed il riciclo dei rifiuti”, condotta dall’istituto Lorien Consulting per Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati e Legambiente, e presentata nella seconda giornata del “Forum Rifiuti: dalle emergenze alle opportunità”, che si è tenuto a Roma il 21 e 22 giugno. L’indagine svolta su un campione di 800 italiani rappresentativi della popolazione (maggiorenne e stratificata per sesso, età ed area geografica) e di 17 opinion leader, mostra come ancora siano i rifiuti urbani a destare la maggiore attenzione da parte dei cittadini, quando invece rappresentano una piccola parte della totalità dei rifiuti prodotti nel nostro Paese e determinano minori problemi di gestione. E’ sempre nell’ambito del Forum Rifiuti, che un’altra ricerca, “Materia rinnovata. Quanto è circolare l’economia: l’Italia alla sfida dei dati’, elaborata dalla rivista Materia Rinnovabile (Edizioni Ambiente) e presentata nella prima giornata, fa emergere infatti quanto sono “opachi” i dati riguardanti ben nove decimi circa dei rifiuti che complessivamente si producono in Italia, con l’assoluta mancanza di informazioni riguardo ad alcuni comparti produttivi e conti che non tornano in molti altri. “Poco sappiamo soprattutto del destino dei circa 130 milioni di tonnellate di materiali che fuoriescono da aziende e altri settori produttivi” si legge nel report, perché l’attenzione è concentrata solo su una parte dei 30 milioni di tonnellate di scarti che vengono dalle città su un totale complessivo di 161 milioni di tonnellate di rifiuti. I dati mancanti riguardano in particolare alcune tipologie di rifiuti, ed in questo cono d’ombra oltre a un potenziale problema ambientale (o di illegalità) si nasconde anche un’occasione perduta in termini economici, perché rappresentano una miniera inesplorata di materiali che potrebbero essere reintrodotti nel sistema produttivo, avviandoli ad una seconda vita. In generale il sistema produttivo del nostro Paese – si legge nel report- ha un input complessivo di 560 milioni di tonnellate annue di materia prima (dato 2012) e un output che negli ultimi anni oscilla attorno ai 160 milioni di tonnellate rifiuti, con un gap di circa 400 milioni di tonnellate di materia a cui ancora difficilmente si attinge per trasformarla in nuovi prodotti. Il rapporto ‘Materia Rinnovata’ si concentra in particolare su due comparti: quello del riciclo della frazione organica non urbana dei rifiuti e quello degli scarti prodotti dal settore edile, su cui i dati latitano o sono in contrasto fra loro. A fronte del 43% della frazione organica dei rifiuti urbani che viene trasformata in un milione e mezzo di tonnellate di compost, ci sono milioni di tonnellate di scarti prodotte dal sistema agroalimentare, una delle eccellenze del Paese, che sfuggono alla contabilità perché non compaiono nei dati aggregati delle statistiche, ma che soprattutto sfuggono ai potenziali utilizzi come materia prima per il comparto della chimica verde (ad esempio) che vede l’Italia giocare un ruolo di primo piano a livello europeo e che rappresenta la parte tecnologicamente più avanzata della bioeconomia. Il secondo comparto analizzato è quello dell’edilizia che in Italia, secondo dati Eurostat 2012, produce 53 milioni di tonnellate e di queste basterebbe avviarne il 70% a riciclo e ad effettivo recupero dei materiali (non solo sulla carta) per ottenere la chiusura di almeno 100 cave di ghiaia e sabbia. Lo Short Report Materia Rinnovata è scaricabile all’indirizzo: www.materiarinnovabile.it/pubblicazioni