Per poco non arriviamo a quota i100. Non stiamo parlando di pensioni, ma di plastica. In Italia nel 2020 ne abbiamo consumati circa novantanove chilogrammi a persona. In totale sono quasi sei milioni di tonnellate, impiegate soprattutto per gli imballaggi (42 per cento del totale) e, con quote inferiori, per edilizia e settore automobilistico. «Il nostro Paese spiega Giulia Novati del think tank Ecco è il secondo consumatore a livello europeo». E non è un piazzamento positivo, considerato che questo materiale genera una grande quantità di gas serra, che aggravano la crisi climatica. Ciò avviene perché, da un lato, le materie prime più usate per ottenere la plastica sono petrolio e gas e, dall'altro, perché per realizzarla viene spesso usata energia da combustibili fossili. «Il processo produttivo, il consumo e il fine vita della plastica contribuiscono al cambiamento climatico, ma anche all'inquinamento di tanti ecosistemi marini e terrestri», aggiunge Novati. Per questo, Ecco ha presentato delle proposte per ridurre i consumi, far crescere l'impiego di bioplastiche e aumentare i tassi di riciclo e riutilizzo. E la buona notizia è che i margini per abbattere le emissioni sono molto ampi, fino a un potenziale meno 98 per cento raggiungibile nel 2050. Per riuscirci, però, le scelte politiche da fare sono diverse. Il think tank propone il divieto di vendita di frutta e verdura in confezioni di plastica, l'obbligo per le amministrazioni locali di promuovere l'installazione di fonti di acqua potabile negli spazi pubblici, il divieto di utilizzo di stoviglie monouso per il consumo sul posto in bar e ristoranti. E poi chiede l'attuazione di due provvedimenti già approvati. Il primo è la cosiddetta plastic tax, che tassai prodotti monouso in plastica. Votata nel 2020, non è mai entrata in vigore perché sempre rimandata. Dovrebbe farlo anche il nuovo Governo, stando alle dichiarazioni di alcuni suoi rappresentanti. La logica sarebbe quella di non penalizzare i consumatori finali, ma intanto l'Italia, dal 2021, deve comunque pagare circa 800 milioni di euro l'anno all'Ue per la plastic tax europea. Il secondo provvedimento importante, secondo Ecco, è l'attuazione del sistema di deposito su cauzione (Deposit return system Drs) indicato nel decreto Semplificazioni bis del luglio 2021. Nonostante fosse previsto per novembre dello stesso anno, manca ancora il decreto attuativo per creare il nuovo sistema, che riguarda i contenitori per bevande in plastica, vetro e metallo. «Il decreto fa riferimento solo al riutilizzo, ma a nostro avviso il sistema dovrebbe riguardare anche il riciclo», riprende Novati. Pagare una piccola somma come cauzione a chi riporta i vuoti è una prassi consolidata in molti paesi Ue. E ha diversi benefici. «La plastica non è un solo materiale. Ci sono tantissime tipologie differenti di polimeri», spiega Mario Grosso, docente di Gestione e trattamento dei rifiuti solidi al Politecnico di Milano. «Non è detto che il Drs porti a un minore uso delle plastiche in generale, ma a una minore produzione di plastica vergine da petrolio, quello si». Non solo. «Aver tenuto le plastiche separate consente un riciclo di maggiore qualità. Una bottiglia, solo per fare un esempio, può essere riciclata in una nuova bottiglia, in un processo definito a ciclo chiuso, che è sempre preferibile», osserva Gaia Brussa, ricercatrice che lavora con Grosso. «Inoltre ag- giunge la leva economica migliora il tasso di raccolta, che nei Paesi europei con sistemi Drs si attesta sopra l'ottanta per cento». In Italia, secondo Unesda, il tasso di raccolta dei contenitori Pet è del 46 per cento. Secondo diverse organizzazioni, come quelle riunite nella campagna A buon rendere, questo è uno dei dati per cui sarebbe importante implementare il prima possibile il nuovo sistema di deposito. Per altre realtà, invece, sarebbe meglio ragionare su come migliorare il sistema attuale. Proprio quest'anno compie 25 anni il sistema Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, che ha garantito al nostro Paese dei tassi di riciclo tra i migliori d'Europa. «L'Italia ha un modello basato sui Comuni che fanno la raccolta differenziata e sui consorzi che avviano al riciclo», spiega il presidente di Conai Luca Ruini: «Questo modello ci dà un vantaggio competitivo. La domanda allora è: lo cambio? 0 lo tengo e lo integro con nuovi strumenti per raggiungere gli obiettivi europei?». Conai propende per la seconda opzione e, al posto del sistema di deposito, punta su una raccolta selettiva e su ecocompattatori per bottiglie Pet. «Il sistema attuale si regge su un equilibrio molto delicato tra polimeri di valore (come quelli di bottiglie e flaconi) e quelli misti. I primi rappresentano un ricavo e fanno stare in piedi il sistema, i secondi, che sono circa il 5o per cento, hanno poco valore o sono addirittura un costo», riprende Grosso del Politecnico. «Se con il Drs togliamo a questo sistema le componenti di maggiore valore, rischia di entrare in crisi», conclude il docente. La scelta, a suo parere, è tra un approccio «più conservatore» e uno che propone «novità importanti». Spetterà al nuovo Governo decidere quale tenere.