Si è festeggiata lo scorso 5 febbraio la giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Un’occasione utile per parlare e analizzare più approfonditamente questo problema che, secondo una recente ricerca promossa nell’ambito del progetto “Reduce” dal Ministero dell'Ambiente, il Dipartimento di scienze agro-alimentari di Bologna e Waste Watcher, negli ultimi sembra aver subito quantomeno un rallentamento. I dati della ricerca, basati sull’analisi di quanto riportato in 430 diari compilati da famiglie chiamate a monitorare quotidianamente i loro acquisti di cibo e pesare i loro rifiuti alimentari, fanno emergere che in media, in un anno, sono finiti nel cassonetto 84 kg di cibo per ogni famiglia e 36 kg per ogni persona. Dati impressionanti che però evidenziano un miglioramento rispetto ai 145 kg a famiglia e 63 kg a persona di rifiuti alimentari prodotti e registrati prima dell’indagine. La riduzione dello spreco alimentare incide non solo sulla produzione di rifiuti, ma anche sul portafoglio: il vantaggio economico, derivante da un minore spreco, si sostanzia in una riduzione dei costi sostenuti pari a 110 euro a persona ogni anno. In precedenza, infatti, si stimava che gli alimenti gettati corrispondessero in denaro ad una somma di 360 euro, oggi invece questa somma è stimata in 250 euro. Il vantaggio per una famiglia media è stimato invece intorno ai 300 euro anno. Portafoglio e ambiente: come ricorda la FAO, la perdita di cibo e gli sprechi alimentari producono una grande quantità di gas a effetto serra, pari a 3,3 miliardi di tonnellate equivalenti di anidride carbonica. Se si trattasse di una nazione sarebbe al terzo posto come emittente al mondo, dopo Cina ed USA. Oltre a ciò bisogna sempre pensare che allo spreco alimentare è strettamente connesso anche un uso inefficiente dell’acqua e del suolo e una dispersione di fertilizzanti nell’ambiente. Insomma, ridurre lo spreco alimentare non fa soltanto bene al portafoglio, ma contribuisce in modo determinante alla salvaguardia del nostro pianeta.