Nel mare di Maremma ci sono i nuovi Ghostbusters, gli accalappia fatantasmi, anzi no: gli accalappia reti fantasma, o Ghostnet.Da tempo infatti l'associazione sportiva Tartasub affiliata alla Uisp, sta mettendo in atto delle politiche ambientalistiche: ripulire i fondali dalla sporcizia, in particolare dalla reti da pesca che rimangano incagliate a una discreta profondità, da qui "ghostnet", reti fantasma, che stanno provocando molti problemi a tutte le specie marine. I sub sono insomma si trasformano in "spazzini" del mare o acchiappareti. A fare un quadro della situazione è Pierfrancesco Cardalesi, che insieme al veterano Franco Monaci e a Stefano Rosica, tutti del Tartasub, sono reclutabili come Protezione civile in caso di necessità, ogni volta che fanno delle immersioni ritornano a galla con pezzi di plastica o appunto reti da pesca.«La situazione nel nostro arcipelago non è grave, anzi - specifica subito Cardalesi - ma dobbiamo stare attenti. Ormai in molti punti dove abitualmente ci immergiamo, troviamo di tutto: bottiglie, pezzi di plastica e appunto stralci di reti, probabilmente tagliate da quelle da strascico, che purtroppo mettono a rischio molte specie di pesci». Ultimamente poi le segnalazioni sono in aumento: «Non è un fenomeno nuovo - conferma Caldaresi - però dalle nostre rilevazioni il problema dello sporco in fondo al mare sembra crescere costantemente»."Ghostnet" è un'espressione che nella comunità dei sub ormai è di uso ricorrente, anche se il grande pubblico non ne è a conoscenza. «Noi però - prosegue Caldaresi - vediamo i danni che il materiale come la plastica, le reti o le lenze da pesca provocano nei fondali. Il nostro, da amanti del mare, è un grido d'allarme per mettere in evidenza che anche nell'arcipelago toscano, come alle Formiche per esempio, dobbiamo stare attenti e monitorare la situazione». Pierfrancesco ricorda come soprattutto vino alle isole, in fondali da circa 30 metri si possa ritrovare di tutto: «Sull'isola di Giannutri tempo fa abbiamo ripescato un motore marino, ma anche una lavatrice. A quella profondità riusciamo a riportare i rifiuti in superficie, oltre diventa problematico». Caldalesi lancia qualche idea di come poter intervenire: «Sub come lo stesso Franco Monaci, che da quarant'anni fa immersioni, o il collega Stefano Rosica, hanno sempre detto che ogni sommozzatore, ma anche ogni semplice bagnante, dovrebbe recuperare almeno tre pezzi. Sarebbe già questo un modo per ripulire i fondali. Sappiamo bene che è difficile, ma il rispetto dell'ambiente marino va salvaguardato. I danni che materiali come la plastica o le stesse reti da pesca possono provocare nel tempo sono difficili da immaginare, ma sicuramente il rischio c'è, eccome. Forse oggi sono gli animali più grandi a rischiare di più, ma non è detto che anche il resto delle specie marine possano risentirne. Noi faremo sempre la nostra parte, anche per sensibilizzare l'opinione pubblica».