Il recepimento da parte del Governo delle nuove direttive Ue sull’economia circolare cambia le carte in tavola sui criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani: dai “rifiuti speciali assimilati” stabiliti Comune per Comune si passa ai “rifiuti urbani prodotti dalle imprese” definiti a livello nazionale nel rinnovato testo unico ambientale (Dlgs 152/06), e questo per la Toscana potrebbe significare circa 60mila tonnellate l’anno di rifiuti urbani “in più” da gestire mentre a livello nazionale il dato arriva a circa 1,3 milioni di ton/anno. Come dettagliamo oggi sulle nostre colonne nazionali e come già osservato dall’ex direttore generale dell’Ato Toscana costa Franco Borchi, adesso il dlgs 116/220 tramite apposite tabelle individua a livello nazionale quali rifiuti – con il relativo codice Cer – prodotti dalle utenze non domestiche sono assimilati agli urbani e quali tipologie di utenze possono produrli. Quel che comunque rimane è la possibilità per l’utenza non domestica di restare fuori dal perimetro della privativa comunale per quei rifiuti assimilati che possa dimostrare di aver avviato a recupero rivolgendosi alle imprese sul mercato, con la possibilità dunque di chiedere una riduzione proporzionale della Tari. Questi “nuovi” rifiuti urbani, evidentemente, già oggi vengono dunque prodotti dalle imprese, e quindi non vanno a incidere sul totale di produzione annuale – circa 12 milioni di tonnellate, tra urbani (2,27) e speciali (9,8) – ma sulle modalità di gestione. Dal punto di vista quantitativo lo scenario ancora è tutt’altro che chiaro, ma il risultato finale, secondo EcoCamere, sta comunque in quelle oltre 60mila di ton/anno di “nuovi” rifiuti urbani in più da gestire per la Toscana. Merceologicamente parlando, i maggiori incrementi dovrebbero riguardare le frazioni di carta e cartone (+39mila ton), seguite da multimateriale (+10mila ton), indifferenziato (+4,7mila ton), legno (+4,2mila ton), organico (+2,3mila ton) e altre frazioni. Complessivamente in Toscana saranno oltre 3mila le utenze non domestiche interessate dalla novità, in primis supermercati, uffici, negozi di abbigliamento, ma anche ospedali e autorimesse. Novità che dovrà confrontarsi con una dotazione impiantistica già oggi carente a livello regionale, come testimonia da ultimo l’analisi del report Ispra 2020 sui rifiuti urbani. La soluzione, giocoforza, passa da un Piano regionale rifiuti e bonifiche all’altezza della sfida: raggiungere i target Ue sull’economia circolare e chiudere il cerchio individuando e autorizzando la realizzazione degli impianti necessari per azzerare il turismo dei rifiuti (urbani e speciali) extra regione.