La Presidenza lettone riapre la discussione sull’economia circolare e sui nuovi obiettivi di riciclo in UE

La decisione della Commissione europea, guidata da Jean Claude Junker, di escludere dal suo programma di lavoro per il 2015 le proposte del vecchio esecutivo comunitario su economia circolare e obiettivi più ambiziosi per il riciclaggio dei rifiuti, aveva creato non poche polemiche ed un fronte compatto da parte di diversi stakeholder che fa fatto pressione sui singoli governi per far correggere la posizione alla Commissione. Il risultato sembra essere stato raggiunto poiché nelle ultime comunicazioni giunte da parte della stessa Commissione europea e del Ministro dell'ambiente della Lettonia -paese che presiede questo semestre europeo – emerge la volontà di riprendere in considerazione le politiche di sviluppo dell'economia circolare sulla base del pacchetto presentato nel luglio scorso. «Credo sia importante continuare a lavorare sulla proposta della Commissione per quanto riguarda l’economia circolare e il miglioramento della gestione dei rifiuti» ha detto il Ministro dell'ambiente della Lettonia, Kaspars Gerhards, al parlamento europeo. «Come sapete la Commissione ha proposto di ritirare quella proposta, tuttavia la maggior parte degli Stati membri ha espresso la volontà di continuare su quel percorso. Pertanto – ha concluso Kaspars Gerhards - la Presidenza lettone intende lavorare sulla Proposta della Commissione». A luglio la Commissione europea aveva presentato una serie di comunicazioni in cui si proponeva di innalzare i livelli di riciclaggio dei rifiuti urbani, portandoli dal 50% previsto al 2020 al 70% entro il 2030, di ridurre entro il 2025 il conferimento in discarica fino ad un massimo del 5% dei rifiuti urbani prodotti, di innalzare i livelli di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio portandoli all'80% entro il 2030. Le stime sui risparmi che avrebbero comportato in UE queste politiche indicano 600 miliardi di euro di minori spese, una riduzione dal 2 al 4% delle emissioni di gas serra e la possibilità di creare circa 600.000 nuovi posti di lavoro. L'Italia, tra gli altri paesi UE, risulta quello che in assoluto beneficerebbe maggiormente dall'adozione di tali misure: un risparmio annuo, in termini macroeconomici, di circa 4 miliardi di euro e minori costi ambientali per altri 3 miliardi, oltre ad un possibile incremento dell'occupazione stabile, di ulteriori 30.000 unità rispetto all'aumento atteso dal raggiungimento degli obiettivi oggi in vigore. Una grande opportunità, dunque, per contrastare la crisi ambientale, economica e sociale, che è tuttora una triste realtà.

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