Il ricorso allo smaltimento in discarica è troppo diffuso nel nostro paese dove in alcune aree rappresenta la destinazione finale di oltre il 90% dei rifiuti urbani prodotti (la media nazionale si attesta sul 37%): con questi ritmi, gli attuali impianti rischiano di esaurirsi entro i prossimi due anni. È l’allarme lanciato dal primo WAS Annual Report dedicato a “L’industria italiana del waste management e del riciclo tra strategie aziendali e politiche di sistema” presentato i giorni scorsi a Roma. Il WAS - Waste Strategy è il think tank italiano sull’industria della gestione dei rifiuti e del riciclo composto da Althesys, Ama, Amiu Genova, Ancitel, Ecopneus, Federambiente, Fise-Assoambiente, Basf, Cial, Comieco, Conai, Corepla, Hera, Montello, Nestlè, Ricrea, Rilegno. Dal rapporto emerge che esiste un diverso rapporto di dipendenza dalle discariche in funzione del livello di raccolta differenziata e di termovalorizzazione presenti nelle regioni italiane, dove le situazioni più critiche si registrano in Sicilia, Calabria, Lazio, Puglia e Liguria, ma comunque il mix di gestione rimane ovunque ancora troppo sbilanciato su questa modalità di smaltimento. La soluzione per cambiare rotta- indica il WAS Annual Report- è già indicata dall’Europa e prevede da un lato l’aumento delle percentuali di raccolta differenziata destinate al recupero dei materiali e dall’altro la selezione dei rifiuti indifferenziati per ottenere combustibile da inviare a recupero energetico. “La gestione dei rifiuti comporta una serie di importanti ricadute per il sistema Paese”, sottolinea Alessandro Marangoni, AD di Althesys, presentando il rapporto. “Lo studio ha stimato gli effetti ambientali, economici e sociali di diversi scenari futuri. Il raggiungimento degli obiettivi previsti al 2030 dalle revisioni delle direttive UE (70% di riciclo totale) comporterebbe benefici potenziali netti per l'Italia fino a 15 miliardi di euro circa”. L’impostazione di una gestione dei rifiuti con un modello di tipo industriale è dunque – per gli estensori del rapporto - la sfida per l’Italia e per le aziende che operano nel settore. La revisione delle principali direttive Ue che regolano il settore, si legge, “ci pone davanti sfide importanti: coglierle richiederà l’industrializzazione e il consolidamento del settore, che ad oggi continua ad essere molto frammentato e l’avvio di una vera e propria strategia nazionale per i rifiuti, chiara e di lungo periodo, che sappia valorizzare le competenze e le risorse industriali italiane”. Il rapporto indica però che l’andamento degli investimenti, in un settore peculiare come quello della gestione dei rifiuti, risente di una molteplicità di fattori, tra cui pesano le incertezze circa i sistemi di finanziamento dei servizi ambientali da parte degli enti locali, i ritardi e le incoerenze che spesso si registrano nella pianificazione regionale, il continuo restyling e la mancanza di chiarezza nella normativa nazionale, cui si aggiungono le difficoltà nella costruzione degli impianti di trattamento e smaltimento per le opposizioni locali. Un quadro complesso, in cui nonostante tutto - segnala il rapporto- il settore ha compiuto passi in avanti importanti di efficientamento e di investimento, così come per quanto riguarda le scelte strategiche di modelli gestionali che vanno verso le aggregazioni e le reti d’impresa, per superare la frammentazione che caratterizza ancora molte aziende operanti nel settore in alcune aree del paese. Secondo l’Albo nazionale dei Gestori ambientali sono 4.761 le aziende autorizzate alla raccolta e al trasporto dei rifiuti urbani e la maggior parte sono di piccole dimensioni. L'analisi che fa il rapporto dei 70 maggiori player evidenzia, invece, come le performance migliori siano delle imprese di grandi dimensioni e più integrate che sono le uniche a riuscire a presidiare l’intera filiera della gestione integrata dei rifiuti.