Al Casone di Scarlino cominciavano a serpeggiare i primi dubbi, perché dopo la "passerella" di politici e dirigenti di Iren all'inizio dello scorso aprile a sottolineare l'abbattimento delle due ciminiere del vecchio inceneritore, all'interno dell'area industriale del Casone, non si era più mossa foglia.Né per quanto riguarda le bonifiche dei terreni, né per lo smantellamento del vecchio impianto d'incenerimento. Dopo la retromarcia di Busisi Ecologia, era stato detto in quell'occasione dal responsabile dei nuovi progetti di Iren, Luca Galimberti, che si sarebbe trattato di aspettare quattro-cinque mesi per individuare una nuova ditta per proseguire il lavoro di smantellamento del vecchio pachiderma metallico.I cinque mesi sono scaduti a inizio settembre, e da quel momento sono cominciati a circolare i primi retropensieri, alimentati anche dal fatto che sono circolate voci insistenti su una rimodulazione dell'intervento da parte della multiutility di Reggio Emilia. Ma andiamo per gradi.Contattato da Il Tirreno per avere chiarimenti, l'ufficio stampa del Gruppo Iren ha prontamente risposto con grande disponibilità: «Iren Ambiente - recita la nota telegrafica - conferma l'investimento a Scarlino. I lavori di bonifica e demolizione degli impianti esistenti nell'area sono stati riavviati il 14 ottobre 2024; la loro durata è prevista per i prossimi sei mesi. Al termine di tale fase saranno avviati i cantieri per la realizzazione degli impianti previsti nell'autorizzazione». In effetti, proprio nei giorni scorsi, le ditte Soltreco srl (Gruppo Nuova Solmine) e Coiron (Coppola+Iron) srl di Piombino hanno ripreso a bonificare i terreni circostanti l'inceneritore (la prima) e a smantellare le strutture dei forni. Se i tempi questa volta saranno rispettati, entro il prossimo aprile dovrebbero iniziare i lavori per realizzare i primi impianti fra i quattro che compongono il cosiddetto "polo dell'economia circolare" a suo tempo progettato da Iren Ambiente, la società di scopo del gruppo che si occupa di gestione del ciclo dei rifiuti. Quanto alle voci su un ridimensionamento dell'investimento previsto dalla multiutility - 130 milioni di euro - queste continuano a circolare, e, soprattutto, sono basate su ragionamenti verosimili. Il gruppo emiliano-piemontese-ligure - che il prossimo 12 dicembre inaugurerà a Casa Rota, nel comune di Terranova Bracciolini (Ar), il primo impianto basato sul processo idro-metallurgico per l'estrazione dei metalli preziosi dalle schede elettriche Raee - starebbe infatti riconsiderando la sostenibilità economica di due dei quattro impianti previsti al Casone di Scarlino. Quello Itc per la produzione di pallet e blocchetti in legno riciclato, considerato un materiale a basso valore aggiunto. E quello per il trattamento di fanghi e frazione organica mediante "hydro thermal carbonization", che dovrebbe produrre un bio-carbone utilizzabile come combustibile, materia prima equivalente per altri processi industriali, o fertilizzante. In questo caso la sostenibilità/redditività di questa tipologia di impianti è garantita soprattutto dalla loro dimensione: cioè dalla quantità di materiali che processano, e dal loro prezzo di conferimento. Nel nord Italia ci sono già diversi impianti di questo tipo, ognuno dei quali lavora fra 400 e 600mila tonnellate/anno, con prezzi di conferimento di 30-40 euro/tonnellata. Mentre a Scarlino sarebbe stato previsto un impianto da 120mila tonnellate, che per essere redditizio avrebbe bisogno di conferimenti a 70-90 euro tonnellata. In questo ragionamento starebbe anche l'impianto di Futura spa (Iren e Sei Toscana) delle Strillaie di Grosseto, nel quale, nonostante abbia già ottenuto l'Aia, ancora non si è iniziato a realizzare il biodigestore per la produzione di biodiesel. Originariamente pensato per alimentare i mezzi di Sei Toscana. A Scarlino, ad ogni modo, non sarebbe invece in discussione né la realizzazione dell'impianto di trattamento di reflui e acque industriali, né quello per produrre il polimero I-Blu, ricavato da plasmix e pulper delle cartiere della Lucchesia.