Fiumi e torrenti, allarme in Toscana:quasi la metà con «inquinanti eterni»

I corsi d’acqua toscani per quasi la metà sono inquinati da sostanze pericolose come i Pfas: l’allarme arriva dall’Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana). Nel quadro di sintesi pubblicato sul sito ufficiale del’agenzia, infatti, i dati sono inequivocabili: fiumi, torrenti, laghi e alcune foci miste (acque salate e dolci) presentano tracce, a vari livelli, di sostanze altamente inquinanti e pericolose che finiscono nei pesci e in alcuni casi in animali che lì si abbeverano, per entrare nella catena alimentare umana. Ma entriamo nel dettaglio del report Arpat. Per quanto riguarda lo «stato ecologico» lo stato dei nostri corsi d’acqua è: 30% buono, 49% sufficiente, 19% scarso, 2% cattivo; per lo «stato chimico» invece: 55% buono, 45 % non buono, soprattutto per la presenza di Pfos, mercurio, nichel, benzo-pirene, cadmio. Lo stato chimico di un corso d’acqua viene stabilito su parametri europei a seconda delle sostanze inquinanti presenti, e la suddivisione è netto: buono o non buono. Lo stato ecologico invece si basa sulle condizioni generali dell’intero ecosistema. Facendo un esempio concreto, un uomo può stare abbastanza bene a livello generale ma presentare un livello di colesterolo così alto da far scattare l’allarme rosso per la sua salute. Il problema per i corsi d’acqua toscani nasce perché ci sono sostane eccessivamente pericolose, anche per gli esseri viventi, e i Pfas per la loro capacità di bioaccumulo sono tra le peggiori al mondo. Scrive Arpat: «I parametri critici per i nostri corsi d’acqua, che determinano lo scadimento dello stato chimico, sono: Pfos, mercurio nichel, benzo-pirene, cadmio. Da attenzionare anche arsenico e cromo totale. Le criticità sono distribuite quasi uniformemente nelle stazioni di monitoraggio di valle». Ad ogni modo a livello regionale, stando sempre al dossier di Arpat, si nota un peggioramento sia nella qualità ecologica che chimica. In particolare si ha una diminuzione del 13% dei corpi idrici buoni ecologicamente e del 5% di quelli chimicamente buoni. Inoltre, nel triennio precedente (2019-2021), c’era ancora un residuo del 2% di stato ecologico elevato mentre nel triennio più recente (2022-2024) la qualità migliore si ferma a buono. I Pfas, non sono prodotti in Toscana ma vengono utilizzati nelle produzioni industriali e poi finiscono in fiumi e torrenti. Per l’acqua potabile invece la responsabilità dei controllo è delle Asl. Cosa fare? Non spetta ad Arpat effettuare indagini che solo la magistratura può fare per capire chi continua a immettere nell’ambiente tali sostanze pericolose. Ma l’agenzia da anni ormai lancia allarmi, e più Pfas ricerca nell’ambiente più ne trova. Si legge infatti sul sito web di Arpat, che spiega bene di che sostanze stiamo parlando in più sezioni: «La particolare struttura molecolare conferisce ai Pfas una eccezionale stabilità chimica, elevata resistenza al calore e proprietà tecnologiche uniche e modulabili. Per queste caratteristiche, i Pfas sono stati utilizzati sin dagli anni ‘50 in numerose applicazioni industriali, che spaziano dalla galvanica al settore cartario e tessile, nonché in prodotti di uso comune come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili, schiume antincendio, cosmetici, pesticidi, e imballaggi alimentari». E c’è un aspetto molto pericoloso: «Le stesse peculiarità alla base del loro successo merceologico — scrive Arpat — rendono i Pfas estremamente persistenti nell’ambiente. Per questo motivo sono noti come “sostanze chimiche eterne” (forever Chemicals), poiché non si degradano facilmente, se non col passare di secoli». Più chiaro di così.

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