Rifiuti elettronici, la sfida dei flussi sicuri (e delle regole certe)

Nel 2050 supereranno i 120 milioni di tonnellate. Sono i vecchi smartphone lasciati nei cassetti per l'ultimo modello uscito sul mercato, bollitori e asciugacapelli, lavatrici e frigoriferi rotti: in media, nelle case italiane si accumulano ogni anno circa otto chili di Raee, acronimo che identifica i rifiuti elettronici, una delle emergenze di un'epoca dominata dalla tecnologia. Secondo Ecodom, il più grande consorzio italiano di recupero e riciclaggio degli elettrodomestici, ogni anno in Europa si generano circa 9 milioni di tonnellate di Raee e di queste solo un terzo vengono trattate nel pieno rispetto della legge. Il resto è smaltito in modo non sicuro dal punto di vista ambientale e per la saIute umana, o finisce per gonfiare discariche abusive. Sono alcuni dei numeri che verranno presentati oggi al convengo di Ecodom «Raee: sei nazioni a confronto», che ha analizzato i sistemi collettivi di raccolta di Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia. Ebbene, nonostante l'Italia abbia una best practice dal punto di vista organizzativo, c'è ancora un gap tra i risultati di raccolta e gli obiettivi fissati dall'Europa. Nel 2018, infatti, l'Italia avrebbe dovuto raccogliere circa 400 mila tonnellate di Raee ( dal 2019 l'obiettivo salirà a circa 58o mila) ma la «pesca» è ferma a 310 mila tonnellate. «Uno dei principali problemi sono i "flussi paralleli", cioè i rifiuti elettrici ed elettronici che scompaiono senza lasciare traccia spiega Maurizio Bernardi, presidente di Ecodom -. Nel nostro mercato operano purtroppo numerosi soggetti per i quali i Raee rappresentano solo una fonte di arricchimento». Esiste poi la dispersione dei piccoli elettrodomestici che è molto più elevata (23o mila tonnellate rispetto alle 63 raccolte), perché più legata al comportamento dei consumatori. Che per esempio non sanno dello «scambio uno a uno»: nei negozi specializzati con dimensione superiore ai 400 mq si possono consegnare vecchi elettrodomestici fino a 25 cm senza obbligo di acquisto di uno nuovo. «Oggi chiediamo ai nostri interlocutori istituzionali, al Parlamento e al Ministero dell'Ambiente, di definire insieme un modello che permetta all'Italia di risolvere questo problema», dice ancora Bernardi. Come? Da un lato si possono intensificare i controlli lungo la filiera, per scovare i flussi di Raee mancanti, mentre si lavora a una comunicazione più mirata per i cittadini. C'è poi il nodo normativo: bisogna avviare il processo di recepimento, entro il 2020, delle direttive sull'economia circolare emanate dalla Ue. E ancora, emanare il decreto ministeriale sulla qualità del trattamento che definisce gli standard che gli impianti di trattamento dei Raee devono rispettare: è fermo dal 2014. Francesca Gambarini © RIPRODUZIONE RISERVATA Ogni anno in Europa si creano oltre 9 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, ma solo un terzo di questi viene raccolto e trattato secondo le norme di legge.

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