Nascosti nella pancia di una spigola arrivano a pochi centimetri dal piatto. Sei frammenti di plastica, grandi come una moneta da un euro, viaggiano dal mare del golfo di Baratti alla cucina di un pescatore per hobby. Si trasformano in sei evidenze di come il materiale stia inquinando i nostri mari e con loro anche le nostre tavole. E soprattutto di quanto sta segnando in modo drammatico la fauna marina a causa di comportamenti irresponsabili. Il mare è grande e prova a diluirli, ma si moltiplicano le evidenze che la misura è colma. Nelle acque marine della Toscana si stimano fino a 10 chili per chilometro quadrato di plastiche e microplastiche. Queste ultime sono le più insidiose. Una bottiglia in mare la si vede ed è facile da recuperare. Le altre non si vedono a occhio nudo. Si classificano come micro, sono frammenti al di sotto dei 5 millimetri, ma sono la misura di un problema enorme. Non si vedono ma i danni che creano sono importanti. È sufficiente gettare una busta in mare per generarne un'enorme quantità. Salvo che prima dell'azione di decomposizione quella busta non venga scambiata per una medusa e ingerita da una tartaruga marina. In questo caso il ciclo si chiude con la morte dell'animale. «Le microplastiche ormai sono un dramma a livello globale e lo sarà sempre di più». A dirlo è il biologo marino Roberto Bedini, direttore dell'Istituto di ecologia e biologia marina di Piombino. Che aggiunge: «Le plastiche in mare vengono scambiate per qualcosa di commestibile e finiscono per essere ingerite dagli animali che cercano di nutrirsene. Capita sempre più spesso. Le troviamo anche nel corpo di uccelli marini. A spaventare deve essere il fatto che questi materiali sono entrati nella catena alimentare». A segnalare la spigola farcita di plastica è un esperto pescatore, Lorenzo Moscardini che della sua passione ha fatto una professione. È titolare di un negozio di articoli da pesca a Marina di Castagneto. «Ciò che si vede nella fotografia è tutta plastica trovata dentro una spigola di sette etti presa nel golfo di Baratti il 3 febbraio - dice Moscardini -. Ho deciso di condividerla per rinnovare l'appello a prendersi cura del nostro mare perché se continuiamo così anche la pesca presto finirà». È forte l'impatto di quei sei frammenti di plastica grandi come una moneta. L'episodio amplifica il pericolo. Lo si deve soprattutto al fascino del golfo di Baratti. Anche questo ormai è un gioiello violato. Una bella cornice per un problema che non conosce confini. E rimbalza sotto casa nostra storie che pensavamo accadessero altrove, come quella della balena trovata morta lo scorso novembre in Indonesia con 6 chili di plastica nello stomaco. I tecnici dell'Arpat più volte all'anno con il battello oceanografico Poseidon monitorano lo stato di salute del mare toscano. Calano in acqua Manta, lo strumento che serve a stabilire la concentrazione di microplastiche. Viene trainata a pelo d'acqua e filtra tutto ciò che entra nella sua bocca trattenendo le impurità. Risultato? Il 75% dei rifiuti marini è materiale plastico. E può veicolare virus, batteri e favorire il rilascio di inquinanti, fino a entrare nelle catene alimentari. Li ingeriscono gli organismi marini e possono giungere fino all'uomo.