Nelle case dei malati per raccogliere i rifiuti «Ma qualcuno era addirittura dal parrucchiere»

Il racconto degli addetti di Sei Toscana: «Per molti siamo stati l’unico contatto con l’esterno»

Lucia Bigozzi AREZZO Tra Omicron e Delta nel computo dei contagi finiscono anche i sacchetti dei rifiuti Covid che seguono una procedura rigorosa di conferimento. Da due anni Luca Mariani ne ha viste di «tutti i colori»: è lui il responsabile per Sei Toscana dell’area Valdichiana-Valtiberina dove «ormai siamo sopra quota mille utenze in isolamento domiciliare e la cifra è destinata a salire. Nel 2020 il picco massimo raggiunto è stato di 650-700 utenze, giusto per dare la dimensione del fenomeno che stiamo affrontando». Tra le tante storie di Covid, ci sono anche quelle dell’assurdo. «Ci è capitato di chiamare persone positive per comunicare l’orario in cui saremmo passati a casa per il ritiro e che, serenamente, ci hanno detto di rinviare perché erano a fare la spesa, dal parrucchiere o in lavanderia», sottolinea Luca. In provincia di Arezzo le «utenze Covid» sono quasi duemila a settimana e il trend, secondo le previsioni, è in aumento. «Non avevo mai affrontato un’esperienza simile, soprattutto sul piano umano ma se tornassi indietro lo rifarei», dice Gianni Trabalzini che da 18 anni lavora in Sei Toscana e dal 9 marzo 2020 fino a maggio scorso, ha macinato chilometri e contattato centinaia di persone chiuse in casa, insieme ai colleghi Michele Dottarelli e Luca Barneschi. «Un’esperienza forte: c’è un protocollo di sicurezza rigoroso con tuta, mascherina e occhiali di protezione, doppi guanti da cambiare a ogni ritiro. All’inizio, le persone erano disorientate per il fatto di non potersi muovere e in molti casi, noi siamo stati l’unico collegamento con l’esterno. Ricordo una signora contagiata che vive da sola in aperta campagna: era il 31 dicembre e quando siamo andati a ritirare il sacchetto dei rifiuti, ci siamo soffermati per farle gli auguri e lei ha pianto dalla finestra», racconta Gianni che in quindici mesi non ha «mai avuto paura di contagiarsi. Ho più timore andando a fare la spesa perché non so chi ho accanto. Nel nostro lavoro quotidiano siamo totalmente protetti e sappiamo chi abbiamo di fronte». E’ capitato perfino che «l’ultimo giorno di conferimento, persone ormai guarite hanno lasciato accanto al sacchetto una lettera, un biglietto di ringraziamento per il servizio e il modo in cui lo abbiamo fatto. Un giorno ho trovato un disegno di un bambino che ritraeva me e il mio collega con la tuta mentre portiamo via i rifiuti». Oggi Gianni ha cambiato mansione ma continua ad attraversare Valdichiana e Valtiberina: «Riconosco le case che ho servito e le persone, ma non mi faccio riconoscere: l’aiuto non ha bisogno di nomi».

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