Negli ultimi 50 anni il suo consumo è aumentato di 20 volte, e ogni anno ne l'utilizziamo nel mondo l'equivalente della superficie di 900 Empire State Building. La plastica è leggera, resistente ed economica. La sua esistenza ci ha reso più semplice la vita ma ha creato milioni di tonnellate di rifiuti negli ultimi 5o anni. Il risultato? Un vasto inquinamento, soprattutto in mare, dove ogni prodotto tra le onde degli oceani impiega decenni prima di scomparire.
Qualcuno, in un mare di plastica non riciclata, sta però provando ad andare contro corrente. Come Grt Group, una società svizzera, che dal prossimo anno inizierà a costruire in Italia i primi impianti grandi come campi da tennis a zero emissioni in cui entreranno sacchetti e bottiglie di plastica per uscire sotto forma di carburante simile al cherosene e al gasolio. In questo modo ogni impianto italiano potrà convertire un camion pieno di plastica ogni giorno, evitando le emissioni di Cot prodotte da sei mila persone e facendo a meno di una discarica grande 28 ettari, cioè 40 campi da calcio. E se qualcuno ha già pensato a come rendere ecosostenibile la benzina, qualcun altro a Capannori, una cittadina in provincia di Lucca, in Toscana, sta dando avvio ad un progetto pilota che potrebbe farla diventare la prima città in Italia a dare il via a una sperimentazione di strade in plastica riciclata. Una specie di asfalto ecologico, realizzato con le materie plastiche provenienti dalla raccolta porta a porta dei cittadini di Capannori. Benzina, strade e perché non inserirci anche i giochi per i bambini? A Gemona del Friuli c'è la Preco System. Una piccola azienda che 20 anni fa proponeva le prime compostiere domestiche ecologiche, ma che oggi si dedica completamente all'arredo urbano, fabbricando scivoli, altalene e panchine ecologiche per gli enti pubblici. «Appena un decennio fa sarebbe stata un'impresa riuscire a vendere una panchina in plastica riciclata a un Comune - sottolinea Marco Masini, responsabile commerciale di Preco System -. Il legno andava ancora per la maggiore. Oggi invece è cambiato tutto: i tecnici sono più sensibili e ricettivi rispetto a questa nuova tipologia di prodotti: sono resistenti, rispettosi dell'ambiente e non hanno bisogno di alcun tipo di manutenzione». Ma se da una parte ora anche grandi griffe di moda stanno proponendo vestiti e scarpe ecologiche, la plastica rimane ancora un problema. Nell'Unione Europea solo il 30% viene riciclato, negli Stati Uniti appena il 1o% e in tutto il mondo la media non supera il 15%. Il grande problema dei rifiuti di plastica non coinvolge solo mari e oceani, ma anche i laghi. Nel solo Mediterraneo si trovano, secondo i dati di Greenpeace, 115 mila particelle plastiche per chilometro quadrato. Nei laghi la situazione non è migliore. Tra Como, Garda, Trasimeno, Maggiore e Iseo sono stati trovati una media di 2,5 rifiuti ogni metro quadrato di spiaggia.
Il riciclo però non è, al contrario di ciò che si pensa, un'avventura poco remunerativa in cui lanciarsi. A Gorizia, ad esempio, c'è Miko. Un'azienda che produce interni delle auto di lusso, utilizzando la plastica proveniente da bottigliette e da t-shirt. Solo l'anno scorso hanno sfiorato gli 8o milioni di fatturato e hanno venduto il doppio del prodotto in soli quattro anni. Lo stesso è avvenuto in Puglia, a Barletta, dove dal 1963 esiste Sfregola Materie Plastiche (Smp). Nel corso degli anni questa azienda ha puntato tutto sui sacchetti per l'immondizia, dove al posto della plastica si utilizzano scarti industriali rigenerati. Nel frattempo, invece, in Emilia Romagna hanno scoperto come dall'olio di frittura si possa produrre un tipo di plastica naturale, con le stesse caratteristiche di quella originale e più inquinante. A Torino, invece, un gruppo di designer del Politecnico, punta a suggerire strategie alternative di riutilizzo del packaging di plastica: questa materia, attraverso la modifica della propria struttura chimica, può infatti rigenerarsi come oggetti di design, o in nuovi imballaggi più sostenibili.