IL DECRETO dignità è legge ed è partita la corsa ad adeguare il mercato del lavoro. Con l’utilizzo degli interinali che ad oggi non possono andare oltre il quarto contratto in due anni: un limite che nelle intenzioni voleva indirizzare verso la stabilizzazione del personale. Ci sono però casi in cui il personale non può essere stabilizzato interamente perché soggetto a modalità di impiego prettamente stagionali. In parte è il caso di Sei Toscana. Il gestore dei servizi ambientali, per i 104 Comuni della Toscana Sud, ha ad oggi poco meno di mille dipendenti, cui nell’arco dell’anno si aggiungono circa 200 interinali. «Ne usiamo nei periodi di massima necessità, come d’estate, ma anche a Natale e Pasqua e fra gennaio e febbraio quando i dipendenti fissi smaltiscono le ferie», spiega Alfredo Rosini, direttore generale di Sei Toscana. «IL DECRETO dignità ci ha messo in difficoltà prima di tutto perché è entrato subito in vigore, il 14 luglio scorso, senza darci modo di organizzarci – continua il direttore –. Così domenica scorsa in corrispondenza della scadenza di un centinaio dei contratti interinali abbiamo dovuto sospenderli. Contemporaneamente con i legali e con i sindacati sono partite le trattative alla ricerca di soluzioni per richiamare quelle persone: abbiamo bisogno di flessibilità di lavoro». Nell’assemblea fra azienda e sindacati di martedì scorso, Sei Toscana ha annunciato l’assunzione a tempo indeterminato dal 1° ottobre di 45 lavoratori interinali: «Ma stiamo cercando soluzioni per gli altri – conferma il direttore Rosini –. Oggi ci risulta possibile lo ‘staff leasing’, forma contrattuale per cui noi diamo lavoro alle agenzie interinali, presso le quali sono assunti i lavoratori». ATO Toscana Sud ha nel frattempo sollevato la questione di disservizi manifestatisi negli ultimi tempi e anche preoccupazione per l’impiego di lavoratori precari in servizi continuativi: «La situazione è sotto controllo – risponde Rosini –, ci sono stati solo casi circoscritti, che non mettono in discussione la continuità. Per quanto riguarda il ricorso a forme contrattuali flessibili, il problema nasce nella mancanza di un piano di ambito (che Ato deve redigere). In assenza di questo, ogni anno e ogni Comune può richiederci un servizio diverso e modalità diverse, per cui non ci è consentito strutturarci al di sopra dei mille dipendenti attuali».