Dagli scarti al carburante, a Gela l’unico precedente

Eni ha un vasto programma di riqualificazione, bonifica e nuovo utilizzo di aree inquinate in tutta Italia. E il futuro dell’area di Livorno, dove nascerebbe uno degli impianti centrali per la gestione del ciclo dei rifiuti nella nostra regione, potrebbe diventare la «Gela» toscana. Nel senso della città siciliana, il cui ex centro industriale (dove si produceva di tutto, era uno stabilimento petrolchimico da cui uscivano non solo idrocarburi ma anche acidi solforici, cloro e molto altro) è da anni al centro degli interventi di Eni. O meglio, di Syndial, il braccio ingegneristico-ambientale del colosso petrolchimico.

Se si guarda a quanto fatto in Sicilia, si capisce che il vero, primo problema di queste operazioni è il tempo. Lì, l’operazione è partita nel 2000 (dopo oltre 40 anni di attività industriale, via via scomparsa). Ma tra autorizzazioni e decreti attuativi, il primo vero intervento è partito soltanto nel 2009. Si è trattato di «dare luce», nel vero senso della parola: Syndial ha prima di tutto installato un impianto di produzione di energia elettrica solare da 5mwp, utilizzato dal 2013 proprio per gestire alcune operazione di bonifica sulle diverse aree che compongono la zona industriale, da 795 ettari. Tra i tanti processi di bonifica (del terreno, della falda) però Eni ha deciso di realizzare lì un impianto molto simile a quello previsto a Livorno. Si tratta del «primo impianto pilota per il recupero e la trasformazione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) in un bio olio che servirà a produrre carburanti di nuova generazione. La messa in esercizio dell’impianto rappresenta il primo traguardo di un percorso nato dalla ricerca di Eni e avviato con la definizione della tecnologia proprietaria waste to fuel, messa a punto nel Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente a Novara» annunciava Eni lo scorso dicembre. Si tratta di tecnologie abbastanza innovative, che per il momento paiono funzionare, e che però cambiano il modello industriale dietro al ciclo dei rifiuti: si tratta di fare una estrazione dalla frazione organica (peraltro, Alia realizzerà due impianti per farlo, sono già stati firmati i progetti) e con un compostaggio chimico, realizzare biometanolo. I numeri previsti, ed annunciati, erano questi: «Il progetto pilota di Gela ha una capacità produttiva di bio olio stimata in circa 70 chilogrammi al giorno e viene alimentato con 700 kg al giorno di rifiuti organici forniti dalla Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti SRR di Ragusa». È quindi proprio il «modello beta» di quanto vuole fare a Livorno, considerando che con quel rifiuto conferito al giorno, si parla di 2.550 quintali l’anno. Nell’area di Stagno ne dovrebbero arrivare (a regime) 200 mila l’anno.

Non è peraltro l’unica sperimentazione che Eni sta facendo per produrre energia dai rifiuti in modo diverso dall’incenerimento. L’altra è la è la riconversione dei polimeri, cioè le plastiche post consumo. Tecnologie innovative, ancora di più rispetto al biometanolo, importate dal giappone, e peraltro presentate anche recentemente al Sant’Anna. Un tentativo è già stato fatto, vicino alla discarica di Malagrotta, ma ha avuto dei problemi.

Scegliere come differenziare, quali prodotti trasformare, come: il ciclo dei rifiuti è un processo industriale complesso. Che parte dalla raccolta: giovedì prossimo il Comune di Firenze dovrebbe presentare i nuovi criteri e metodi, per aumentare quella differenziata. Anche con un cassonetto brevettato «made in Alia», con controllo remoto sui livelli di riempimento, per agevolare la raccolta da parte dei mezzi.

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