Visita al centro operativo avanzato per la gestione dell'emergenza ecoballe del ministro dell'Ambiente Sergio Costa. Domani parteciperà alle operazioni di recupero del carico disperso da cinque anni nel golfo di Follonica dal cargo IVY, ovvero quel che resta dei 63mila chili di plastiche eterogenee di combustibile solido secondario (Css) lasciati sui fondali in prossimità dell'isolotto di Cerboli dal 23 luglio 2015. A cinque anni dalla dispersione del carico, 56 ecoballe tra quelle collocate sul ponte delle 1.888 trasportate, caricate al porto di Piombino e dirette al porto di Varna in Bulgaria, sul fondale del golfo di Follonica ne restano 40 al netto di quelle spiaggiate o finite nel sacco delle reti di pescherecci. Dal 6 agosto hanno preso il via le operazioni in mare che vedono impegnati 140 uomini tra il Gruppo operativo subacquei della Marina militare, tre unità navali specializzate, e gli assetti della Guardia costiera. «L'abbiamo promesso e l'abbiamo fatto - afferma il ministro Costa -. Abbiamo lavorato in questi ultimi due anni con la Guardia costiera, il Reparto ambientale marino e, grazie alla dedizione dell'ammiraglio Aurelio Caligiore, siamo riusciti a mappare e individuare le ecoballe, che giacciono sui fondali dal 2015. Il governo ha votato a fine luglio lo stato di emergenza: abbiamo sei mesi di tempo per salvare le nostre coste e il mare. Insieme, con la Protezione civile, ce la faremo». L'emergenza nazionale, non senza difficoltà e ritardi, è stata riconosciuta tale il 22 luglio dal Consiglio dei ministri, che su proposta del presidente Giuseppe Conte ha affidato il coordinamento delle operazioni al capo della Protezione civile nazionale Angelo Borrelli.Il 6 agosto sono iniziate le attività di ricerca in mare, che hanno dovuto fare però i conti con le avverse condizioni meteomarine. L'area da verificare è nota. Le precedenti attività di ricognizione effettuate dalla Guardia costiera hanno permesso di circoscriverla e di identificare la posizione di 28 delle 40 ecoballe disperse, più alcuni bersagli, per dirla in gergo militare, che devono essere ancora verificati. C'è da evitare immersioni a vuoto, considerando i naturali spostamenti dovuti ai movimenti marini degli ultimi mesi. Posizione e profondità vengono segnalate ai palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos) del Comando subacquei e incursori (Comsubin), a cui è affidato il recupero attraverso una particolare procedura che dovrebbe limitare al massimo la dispersione di materiale. Si tratta di blocchi di grosse dimensioni, circa un metro cubo, in cui si compattano i rifiuti solidi urbani una volta trattati perché diventino combustibile solido secondario, in particolare quelli a base di materie plastiche, vengono ridotti in pezzi, quindi aggregati e compattati in strati di pellicola plastica, le ecoballe appunto. La Marina militare sta operando con tre unità navali, il cacciamine Rimini che scandaglia il fondale alla ricerca delle ecoballe. Nave Tedeschi che, per l'occasione, ha imbarcato una camera di decompressione per garantire lo svolgimento delle attività in piena sicurezza. E nave Caprera che si occupa di imbarcare le ecoballe e contenerle a bordo fino alla loro consegna all'impresa individuata dal Coordinatore degli interventi di recupero per il loro smaltimento, attività quest'ultima di competenza della Regione Toscana.