La campagna per salvare pesci e fondali

Un tappeto di quindici chilometri, tentacolare e velenoso, ogni anno copre i fondali del nostro mare. Soffoca i coralli, avvolge le posidonie, attira in una morsa micidiale pesci di ogni specie, tartarughe marine, aragoste, mitili protetti, persino balene e delfini. Anche l’uomo è minacciato. Perché se resti prigioniero nella morsa rischi di non tornare ma più in superficie.«Il tappeto-killer è formato dalle “reti-fantasma”, cioè pezzi di tramagli che ogni anno i pescatori perdono in mare o tagliano perché incagliati e che col tempo formano anomali recinti e diventano rifiuti speciali pericolosi», spiega Angelo Doria, 46 anni, comandante del nucleo operatori subacquei della Guardia costiera di Genova. Da anni Angelo e i suoi uomini liberano le coste dalle reti-spettro in Toscana e in Liguria. Ma con il tempo e con le reti dei pescatori, una volta di canapa e oggi di plastica, il problema è diventato nazionale. E così, dopo «PlasticFree Gc», la campagna lanciata d’intesa col ministero dell’Ambiente contro le plastiche, il Comando generale delle capitanerie-guardia costiera, sta per varare l’operazione «Reti fantasma», che coinvolgerà tutte le coste italiane. «Non solo con l’obiettivo di recuperare gli attrezzi da pesca abbandonati sui fondali – spiega l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante generale della guardia costiera – ma per far capire a chiunque che il mare è una risorsa preziosa da tutelare e preservare anche con comportamenti corretti».Uno dei sub protagonisti sarà Angelo Doria, che di reti dal mare ne ha tolte a migliaia. «Ogni anno ne trovo di ogni tipo e di ogni dimensione — racconta —. Ci sono quelle, temibilissime, a “circuizione” che disegnano in mare veri e propri cerchi per catturare i branchi di pesci. Oppure da “posta” che formano sui fondali un muro alto un metro e mezzo. E ancora le “pelagiche”, che restano in superficie e sono pericolose per i bagnanti e le imbarcazioni e le nasse che, dalla forma di cestini, intrappolano tutto ciò che trovano».Le reti perdute dai pescherecci continuano a catturare i pesci. «Troviamo animali sfiniti coperti da ogni tipo di plastiche — spiega il comandante — spesso sono agonizzanti, altre volte riusciamo a salvarli ed è una magia. Spesso rimangono imprigionate le tartarughe, ma anche salvare un piccolo pesce è un’esperienza bellissima».Non è semplice togliere le reti fantasma. «Ed è rischioso se non sei un sub preparato — conferma Angelo , basta un movimento avventato per restare impigliati. Bisogna agire con lentezza, liberare il mare metro dopo metro, facendo attenzione a non danneggiare l’habitat. A Calafuria, nel mare di Livorno, abbiamo trovato reti che avevano ricoperto bellissimi coralli rossi. Una manovra improvvista avrebbe potuto provocare danni ecologici irreversibile».Nell’operazione «Reti Fantasma» saranno fondamentali le segnalazioni delle associazioni ambientaliste e dei diving center. In futuro si cercherà di far adottare ai pescatori reti biodegradabili. Come accade a Camogli dove è operativa una piccola tonnara con reti realizzate con fibra di cocco. Una volta usate si disperdono in mare. Non inquinano e non saranno mai fantasmi.

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