Scarlino Energia: «La sentenza della Corte non ha determinato alcuno “stop definitivo”»

A seguito della pubblicazione in data 29 dicembre 2017 della sentenza della Corte di cassazione n 31240/2017,con la quale è stato respinto il ricorso di Scarlino Energiasono state diffuse sui mezzi di comunicazione notizie inesatte e fuorvianti su un asserito “stop definitivo” all’iniziativa da parte della Suprema Corte. Altrettanto era avvenuto con riguardo alla precedente sentenza del Consiglio di Stato con la quale era stato dichiarato inammissibile un precedente ricorso per revocazione di Scarlino Energia. Non abbiamo mai nutrito illusioni rispetto alla generale capacità di lettura e di interpretazione delle sentenze del giudice amministrativo e neppure sulla diffusa abitudine di esporre le proprie opinioni nel rispetto delle altrui. Affermazioni che ledono l’immagine di correttezza professionale del management dell’azienda saranno sottoposte alle necessarie valutazioni.

Ci preme dar conto, per chi effettivamente interessato, del merito e delle conclusioni delle sentenze.

Entrambe le pronunce concernono, sotto diversi profili, la medesima sentenza del Consiglio di Stato n. 163/2015, con la quale erano stati accolti i ricorsi del Comune di Follonica e di alcune Associazioni ambientaliste avverso la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciate a Scarlino Energia dall’allora competente Provincia di Grosseto.

È bene fin da ora precisare che le suddette pronunce contribuiscono senz’altro a definire quella vicenda amministrativa e giurisdizionale ma che, a differenza di quanto da taluno strumentalmente sostenuto, non implicano in alcun modo preclusioni di principio al proseguimento dell’iniziativa, ovviamente nelle forme e nei modi ritenutidoverosi dai giudici che si sono sin qui pronunciati.

In ordine cronologico, con la sentenza n. 1820 del 19/04/2017, il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il ricorso di Scarlino Energia per la revocazione della sentenza n. 163/2015, del medesimo giudice, sulla base dei criteri, del tutto formali, stabiliti dalla giurisprudenza in materia e senza entrare nel merito delle questioni sottoposte. Scarlino Energia aveva infatti evidenziato quelli che aveva considerato “errori di fatto” contenuti nella citata sentenza n. 163/2015, ritenuti decisivi ai fini dell’esito sfavorevole di quel giudizio, con particolare riguardo alla paternità dello studio epidemiologico redatto nel 2007 dall’Istituto Superiore di Sanità (e non da Scarlino Energia), nonché alla qualificazione e alle condizioni del Canale Solmine, nel quale, tra l’altro, versava i propri scarichi anche Scarlino Energia. Il Consiglio di Stato non ha negato la sussistenza dell’errore sulla paternità dello studio epidemiologico ma lo ha ritenuto non rilevante in quanto la sentenza del 2015 avrebbe considerato il solo profilo del suo mancato aggiornamento. Per quanto concerne il Canale Solmine, la relativa qualificazione (corpo idrico recettore invece che canale di collettamento a mare) sarebbe stato oggetto di vaglio a suo tempo e sarebbe questione di diritto, non deducibile in sede di revocazione. Infine, con riguardo alle condizioni del Canale, il Consiglio di Stato non ha espressamente negato la sussistenza delle singole inesattezze censurate da Scarlino Energia (ad es., con riguardo all’assenza di ogni correlazione tra le concentrazioni dei fanghi di depurazione dell’impianto, separatamente trattati e smaltiti come rifiuti, e i sedimenti del Canale Solmine; ovvero tra la moria di pesci del 1° dicembre 2012 e l’attività dell’impianto, che era all’epoca spento da tempo, etc.), ma ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse evidenziato una complessiva inadeguatezza dell’intera istruttoria amministrativa riguardo al corpo idrico in questione, “non tanto di suoi singoli aspetti”.

Dunque, le questioni sollevate da Scarlino Energia non erano di per sé infondate, quanto – secondo il Consiglio di Stato – non risolvibili con il rimedio della revocazione della precedente sentenza nella misura in cui implicavano un nuovo (e appunto inammissibile) esame del merito della pregressa controversia. La pronuncia, in ogni caso, nulla aggiunge al contenuto della precedente sentenza n. 163/2015.

Che il ricorso, pur dichiarato inammissibile non fosse pretestuoso e/o temerario è peraltro dimostrato dal fatto che il Consiglio di Stato non ha accolto le domande risarcitorie in tal senso formulate dal Comune di Follonica.

Considerazioni non dissimili possono svolgersi con riguardo alla sentenza n. 31240/2017 della Corte di Cassazione, avente ad oggetto la medesima sentenza del Consiglio di Stato n. 163/2015, ma sotto il diverso profilo – riservato a tale rimedio – dei limiti esterni ed interni della giurisdizione amministrativa.

La Suprema Corte ha infatti riconosciuto la complessità e la novità delle questioni sottoposte, ma non le ha ritenute fondate.Ciò sia sotto il profilo della dedotta giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche in materia di scarichi idrici,sia sotto il profilo del censurato eccesso di potere giurisdizionale, per aver il giudice amministrativo esorbitato in ambiti riservati alla discrezionalità amministrativa e tecnica dell’amministrazione nell’ambito delle procedure di valutazione e gestione del rischio.

Sotto il primo aspetto, la Corte, a quanto pare innovando radicalmente la sua precedente giurisprudenza in materia, ha ritenuto che per ragioni di efficienza e funzionalità processuale istituti di diritto sostanziale, quali l’autorizzazione integrata ambientale (AIA), possano determinare l’attrazione per connessione di questioni, astrattamente soggette ad una giurisdizione nel caso in questione, quella del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, nell’ambito di altra giurisdizione quella del Giudice amministrativo.

Sotto il secondo profilo, sia pure con più ampia motivazione, la Corte ha ritenuto insussistente il vizio di eccesso di potere giurisdizionale in quanto il Consiglio di Stato si sarebbe limitato a riscontrare un difetto di istruttoria e di motivazione nei provvedimenti annullati (ossia, la VIA e l’AIA del 2012), “e ciò ha fatto lasciando del tutto integro il potere dell’amministrazione in merito a future valutazioni e determinazioni”.

Per quanto si tratti di distinzioni giuridiche che certo non si prestano ad un esame affrettato è sufficiente osservare che la Corte, per un verso, non ha dichiarato il ricorso di Scarlino Energia “inammissibile” come si è detto riconoscendo espressamente la complessità e novità delle questioni dedotte; per altro verso, ha ritenuto legittima l’impugnata sentenza n. 163/2015 del Consiglio di Stato proprio in quanto essa, nel ravvisare un vizio di legittimità nei provvedimenti di VIA e di AIA ha pur tuttavia lasciato“del tutto integro il potere dell’amministrazione in merito a future valutazioni e determinazioni”.

Dunque, la sentenza della Corte non ha determinato alcuno “stop definitivo” all’iniziativa di Scarlino Energia, ma si è semplicemente limitata a stabilire che la sentenza n. 163/2015 del Consiglio di Stato, nel ravvisare il vizio di istruttoria e di motivazione, non ha esorbitato dai limiti imposti alla giurisdizione amministrativa e ciò, tra l’altro, proprio perché ha lasciato all’amministrazione competente le relative “valutazioni e determinazioni”, ovviamente nel rispetto del contenuto “conformativo” del giudicato amministrativo.

Anche in questo caso, peraltro, la Corte di cassazione deve aver ritenuto il ricorso non pretestuoso e/o temerario, non avendo accolto le domande risarcitorie in tal senso formulate dal Comune di Follonica.

Il risultato di quest’ultima “tornata giurisdizionale” è stato,dunque, quello di ribadire il quadro che era già emerso dalla sentenza n. 163/2015 del Consiglio di Stato – senza aggiungere alcunché di nuovo al riguardo,salvo la conferma che tutta la vicenda dovrà trovare ora una sua definitiva sistemazione da parte dell’autorità competente nell’alveo del pertinente procedimento amministrativo.

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