Impianti assenti e microgestori alzano i costi della gestione rifiuti

La spaccatura in due dell`Italia dei rifiuti esce confermata dall`edizione 2022 del Green Book di Utilitatis che sarà presentata oggi a Roma. L`assenza di termovalorizzatori e inceneritori, nel Sud ma anche in alcune zone del Centro, e l`estrema frammentazione dei gestori (7.253 di cui solo il 2,4% fa gestione integrata) creano forti differenziali di costo della gestione dei rifiuti e conseguentemente squilibri territoriali nei livelli di Tari pagati dai cittadini per il servizio (si veda l`articolo a fianco). «Diverse aree del Paese - osserva il Green Book - presentano un deficit impiantistico che non consente la chiusura del ciclo di gestione, fattore che le rende dipendenti da altre regioni o da Paesi esteri». Un aspetto che va letto anche alla luce dei nuovi obiettivi dettati dall`Unione europea che vuole almeno il 55% di rifiuti urbani riciclati per il 2025 e il 6o% per il 2030 (partiamo dal 48,4% secondo la metodologia di calcolo più severa) e un massimo di conferimento in discarica del 10% per il 2035 (siamo al 20%). Proprio in relazione agli obiettivi europei 2035 e alla necessità di ridurre l`esportazione di rifiuti, Utilitalia, l`associazione delle imprese di gestione di acqua, ambiente ed energia, aveva stimato - e la stima viene conferma- ta oggi - che l`Italia avrà bisogno di 3o impianti per il trattamento dell`organico e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili: un fabbisogno impiantistico pari a 5,8 milioni di tonnellate. Una risposta è arrivata ieri dall`annuncio del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, di voler realizzare un termovalorizzatore entro ll 2025 (si veda l`intervista a pagina 4). Intanto il settore della gestione rifiuti registra un fatturato di 13,9 miliardi (0,8% del Pil) nell`anno 2020 della Pandemia e un`occupazione di 95mila addetti. La rappresentazione più efficace delle due Italie è data nel Green Book proprio dal confronto fra rifiuti raccolti e trattati (si veda il grafico pubblicato in pagina). Sia per le frazioni organiche di rifiuto solido urbano (il cosiddetto umido) che per il rifiuto urbano residuo, il Sud e il Centro raccolgono più di quanto trattano, con l`inevitabile conseguenza di preferire la discarica e l`esportazione, mentre il Nord tratta più di quanto raccoglie, facendo del trattamento dei rifiuti un business. Su import ed export c`è nel Rapporto un focus curato dal l`Ispra: nel 2020 sono state esportate oltre 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti a fronte di un`importazione di circa 7 milioni di tonnellate. Prevalente in tutti e due i flussi la quota dei rifiuti speciali, con i rifiuti urbani che costituiscono i113,8% dei rifiuti complessivamente esportati e solo il 3,4% dei rifiuti importati. Tra i rifiuti urbani esportati molti sono prodotti dal trattamento meccanico, mentre tra quelli importati lé principali categorie sono vetro e plastica. I rifiuti urbani importati sono destinati totalmente al recupero di materia, mentre oltre il 36% di quelli esportati è destinato a recupero energetico. I dati dei bandi di gara espletati frau 2014 e il 2021 per l`affidamento di servizi di gestione dei rifiuti urbani (Utilitatis ha un osservatorio) confermano la tendenza alla fram- mentazione delle gestioni anche per il futuro. I bandi rilevati sono 2.092: 1`85% prevede l`affidamento del servizio per un solo comune e per una durata inferiore a cinque anni. Il Green Book ricorda come alcune azioni di regolazione e di policy puntino a colmare il gap impiantistico italiano. L`Arera, autorità di regolazione del settore, con il secondo periodo regolatorio (Mtr2) ha definito i criteri per le tariffe di accesso agli impianti di trattamento e smaltimento, «che ha come obiettivi sistemici l`incentivo allo sviluppo impiantistico in un`ottica di economia circolare e l`ottimizzazione dei flussi di in una logica di prossimità». Anche il governo, sotto la spinta del Pnrr, lavora su due piani: l`approvazione dí documenti programmatici e l`assegnazione dei 2,1 miliardi di risorse del Recovery.

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