Eros Organni, 57 anni, nato commercialista fiorentino specializzato in servizi e infrastrutture pubbliche, oggi ha recuperato serenità e parla di quel che gli è successo col distacco di chi ha vinto la propria battaglia. Con l'obiettivo di mettere i puntini sulle "i" e richiamare l'attenzione di opinione pubblica e media sulle distorsioni del sistema, «che anticipa la pena rispetto all'esito del processo». Organni è uno di quelli insieme a Marco Buzzichelli, all'epoca dei fatti amministratore del raggruppamento temporaneo d'impresa "Progetto 6" insieme a Fabrizio Vigni, e Andrea Corti, direttore dell'Ato (rifiuti) Toscana Sud incappati nell'indagine e p oi nel processo "Clean City". Relativa alla prima grande gara toscana per l'affidamento del ciclo integrato dei rifiuti a un unico gesto re nelle tre province di Grosseto, Siena e Arezzo. All'epoca la più grande gara in Italia nel suo genere: 3,5 miliardi di euro per un affidamento ventennale. L'indagine della magistratura fiorentina prende le mosse nel 2014. Nel marzo 2016 arrivano avvisi di garanzia e perquisizioni. A novembre dello stesso anno le misure cautelari con le restrizioni alla libertà di alcuni degli indagati. Poi il colpo di scena, sette anni dopo: nel dicembre 2022 la terza sezione penale del Tribunale di Firenze, presieduta da Laura Bonelli, proscioglie tutti dai reati di turbativa d'asta, corruzione e concussione, «perché il fatto non sussiste». Nel marzo di quest' anno la pubblicazione della sentenza. Per 7 anni, nel frattempo, il calvario umano e professionale di molti che fino al giorno prima venivano considerati stimati professionisti. Organni, cosa non torna in questa vicenda? «Che ci siano voluti sette anni per avere un giudizio. E che di fatto, per come è congegnato il "sistema", a uno come me o gli altri imputati sia stata anticipata la pena, per poi ritrovarsi scagionati da ogni accusa perché il fatto non sussiste. La presunzione d'innocenza fino alla sentenza di merito, così, diventa un principio giuridico astratto. Irr ealistic o». Lei punta il dito anche nei confronti dei media... «Decine di articoli che davano l'idea di un gruppo di persone organizzate con una finalità corruttiva per turbare una gara pubblica, e quando queste persone sono prosciolte da tutte le accuse, la cosa passa quasi sotto silenzio. Mi pare che il mondo dell'informazione dovrebbe riflettere su come esercita il proprio ruolo». Leggendo la sentenza fa una certa impressione constatare come l'impianto accusatorio fosse sostanzialmente di tipo indiziarlo. Molte congetture e nessuna prova. Come ha dimostrato la sentenza. «Ripercorrere qui le argomentazioni dei giudici che ci hanno scagionato sarebbe impossibile. Penso di poter dire con onestà che sotto il profilo tecnico i contenuti della gara per l'affidamento del ciclo integrato dei rifiuti urbani erano estremamente complessi e specialistici. Era la prima gara in Italia con quell'importo. Era la prima volta in Toscana che un'Autorità d'ambito provava in un colpo solo a promuovere aggregazioni gestionali che nel Nord Italia gli Enti locali erano riusciti a fare nel tempo, dando vita ad aziende come Hera, Iren o A2A. Ci sono stati però fraintendimenti gravi sulla scelta di tenere fuori dalla gara gli impianti gestiti da alcune aziende che si erano costituite nel raggruppamento temporaneo d'impresa "Progetto Sei", o sulla scelta di definire prima le tariffe di accesso a quegli impianti, scambiata per un elemento collusivo invece che di garanzia». Che effetti pratici ha avuto l'inchiesta sulla gestione del ciclo dei rifiuti? «A seguito del commissariamento da parte di Anac è stata ritardata di anni l'attuazione di un progetto industriale necessario per razionalizzare il ciclo dei rifiuti, recuperare efficienza ed eliminare le diseconomie. Per la primavolta la To scana aveva superato la propria tradizionale frammentazione gestionale, facendo scelte industriali corrette». La vostra condotta processuale è sempre stata collaborativa. «In un'indagine è doveroso che ci siano approfondimenti. E noi non ci siamo mai opposti al controllo, offrendo la massima collaborazione. In tutta onestà non posso nemmeno lamentarmi dei giudici, e non è stato scontato sentire chiedere l'assoluzione dal pubblico ministero. Che ci ha anche chiesto scusa». Lei oggi sembra un uomo sereno. Ma quanto è stata dura? «Molto. Sono stato interdetto e sono stato oggetto di misure cautelari. Non è stato facile sul piano umano né su quello professionale. Avevo una società di consulenza affermata, che avevo messo in secondo piano per concentrare tutti gli sforzi sul progetto Sei Toscana». Che idea si è fatto sull'origine di questa inchiesta? «Ho studiato gli atti del processo e ho verificato che tutto ha preso le mosse da alcune lettere anonime. Gli inquirenti a quel punto si sono mossi sulla base del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Non ho idea di chi le abbia inviate alla Procura. So però che in questa vicenda la politica è intervenuta in modo pesante».