I Comuni devono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti di Tari e tariffa corrispettiva entro il 30 giugno. Il termine sarebbe scaduto il 30 aprile, ma è stato prorogato dall`articolo 7 del D139/2024, a seguito della vicenda dei cosiddetti «impianti minimi» (Sole 24 Ore de119 aprile) che ha influito sulla costruzione dei Pef, nei fatti con un aggravio della Tari. Le dinamiche di costruzione e validazione del Pef, sebbene tutte fondate su un`unica metodologia di matrice Arera, in realtàregistrano applicazioni diversificate, influenzate molto dalla presenza o meno di un`autorità d`ambito, assente in buona parte delle regioni italiane (come la Lombardia). Quindi, anche quest`anno si registra una gestione arlecchino, con Pef approvati/validati dalle Ato (provinciali o regionali) e Pef approvati/validati direttamente dai consigli comunali. Alle differenze istituzionali occorre aggiungere quelle comunali, con realtà che tendono a mantenere bassa la tariffa con sottovalutazioni volute. In buona parte dell`Italia, la riscossione ordinaria della Tari non arriva a160%, e non si registra una gran volontà di recupero dell`evasione, preferendo (illegittimamente) scaricare l`ammanco sul bilancio comunale, violando le disposizioni che impongono di garantire la copertura dei costi con le entrate tariffarie e non con altre risorse. Il sistema permetterebbe di considerare le quote non riscosse inserendo tra i costi del Pef fino all`80% dell`accantonamento all`Fcde nel bilancio comunale, ma questo determinerebbe un aumento della tariffa; sicché si preferiscono larghissime sottovalutazioni, con l`imbocco della strada che può portare al dissesto. Ai problemi vecchi, nel 2024 se ne aggiungono dei nuovi, collegati alle componenti perequative (0,10 euro per i rifiuti accidentalmente pescati e 1,50 euro per gli eventi eccezionali e calamitosi). Anche qui si va nel solco della tradizione, con norme non chiare, assenza di indicazioni puntuali, così che si avranno altre applicazioni diversificate per territorio. Qui ci sono tre fronti aperti. Il primo attiene al problema se i Comuni (e i gestori della tariffa corrispettiva) dovranno riversare le due quote considerando quanto riscosso o quanto richiesto ai contribuenti. Sul punto si registra un dibattito dottrinale, con il silenzio di Arera che pur ha istituito le due componenti con propria delibera. Questo si riflette sulle modalità di registrazione nei bilanci. Il principio contabile applicato della competenza finanziaria (allegato A2 del Dlgs 118/2011) comprende questa tipologia di transazioni fra le partite di giro, in quanto riscossione di entrate per conto terzi. Ma se le quote perequative non incassate dovessero essere riversate (con una sorta di tassa occulta a carico dei Comuni) si potrebbe ritenere che gli incassi vadano tra le entrate "tributarie" (al P.C. 1.01.01.51). Qui sarebbe necessario un pronto intervento di Arconet. Dulcis in fundo, ci si è posti il problema se le quote siano soggette a Iva, e alcuni gestori della tariffa corrispettiva (di per sé soggetta a Iva) hanno formulato interpello alle Entrate, e si è in attesa della risposta. Situazione strana, perché se l`Iva è dovuta, lo è anche nel caso di Tari tributo, e si lascia immaginare cosavuol dire questo per un servizio tributi del Comune.