A scuola la dottoressa Barbato ci ha presentato il progetto internazionale Plastic Busters dell’Università di Siena, nato per monitorare la salute del Mediterraneo e ridurre la diffusione delle plastiche. Esistono molti tipi di plastica: PET per le bottiglie, HD-PE per flaconi di detersivi, tappi e giocattoli, PVC per serramenti e grondaie, materiali più leggeri e flessibili per sacchetti e imballaggi. Insomma la plastica è una risorsa, ma si degrada lentamente: una busta impiega 10-20 anni, una bottiglia 450! Nel mare si sono formate immense isole di plastica, come la Pacific Trash Vortex del Pacifico, grande come la Spagna. La plastica sta uccidendo gli animali marini, che la ingoiano fino a riempire lo stomaco: ciò impedisce loro di nutrirsi e muoiono di fame. Ancor più grave è il problema delle microplastiche, minuscole particelle di diametro da 0,33 a 5 mm, contenute in prodotti come dentifrici e creme, o derivate dalla frammentazione di plastica erosa dagli agenti atmosferici. I danni maggiori riguardano gli ambienti acquatici: le microplastiche entrano nella catena alimentare a partire dal plancton e sono pericolose anche per l’uomo, che si nutre di pesce e di carne proveniente da animali nutriti con farine ittiche. Dobbiamo assolutamente ridurre la plastica.