Cento grammi di cibo al giorno – a testa – vengono gettati nella pattumiera, vale a dire quasi 37 chili di alimenti all’anno. Il tutto al costo di circa 250 euro a famiglia. Sono i numeri reali dello spreco alimentare, raccolti per la prima volta in Italia dai Diari di famiglia dello spreco, nell’ambito della campagna Spreco Zero di Last minute market per la quinta Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che oggi vedrà appuntamenti, dibattiti e studi un po’ in tutta Italia. Il nostro Paese è quarto al mondo per l’impegnato nella lotta allo spreco alimentare e, secondo la Coldiretti, nell’ultimo anno quasi tre italiani su quattro (71%) hanno diminuito o azzerato la trasformazione di cibo avanzato in rifiuti. Ma la lotta allo spreco è ampia e, oltre al cibo, coinvolge anche materiali ed energia: nasce da qui il progetto Biocosì, sviluppato dall’Enea con la startup pugliese EggPlant, che punta a utilizzare le acque reflue della filiera casearia per produrre bioplastica per imballaggi e packaging per la conservazione degli alimenti come vaschette per i formaggi o bottiglie per il latte 100% biodegradabili e compostabili. BOLOGNA IMMAGINIAMO la scena. Un giorno come tanti, Luigi prende dal frigo un etto di prosciutto comprato il giorno prima e lo infila nell’immondizia. Contemporaneamente, alla mensa scolastica, suo figlio Marco afferra il suo bel piatto di pasta fumante e lo butta nel cestino. La mamma, in ufficio, prende l’insalata di pollo che si era preparata al mattino e la rovescia nel water. Raccontato così, lo spreco alimentare sarebbe una roba da pazzi. Non può certo succedere davvero, perlomeno non così. Eppure i numeri sono questi: una porzione al giorno per ogni italiano. È lo spreco pro-capite nel 2017, calcolato dal progetto Reduce del ministero dell’Ambiente, coordinato da Luca Falasconi per il Dipartimento scienze e tecnologie alimentari dell’università di Bologna, nell’ambito della campagna Spreco Zero ideata dall’agroeconomista Andrea Segrè. Il campione statistico è quello delle 400 famiglie che nel 2017 hanno accettato di compilare ogni giorno un proprio diario dello spreco quotidiano. E i numeri che emergono sono impietosi: ogni giorno ognuno di noi spreca 100,1 grammi di cibo ancora buono: 36,2 chili lo spreco annuo di alimenti a persona, 84,9 chili a famiglia, 2,2 milioni di tonnellate in tutta Italia, per un valore di 8,5 miliardi. NULLA a che vedere con lo spreco nei supermercati. In meglio? No, in peggio: a dispetto di quanto ci piace immaginare, nei negozi si butta molto meno. Il monitoraggio fatto dall’università della Tuscia sempre nell’ambito del progetto Reduce, ci dice che lo spreco nei super e negli ipermercati, rapportato al numero di italiani, equivale a 2,9 chili all’anno per persona: 7,9 grammi di cibo al giorno contro i 100,1 grammi che sprechiamo da soli. Il conto economico totale: 1,4 miliardi di euro sprecati nella grande distribuzione, che sommati agli 8,5 miliardi dello spreco domestico, agli 1,1 miliardi dello spreco nella produzione industriale e ai 946 milioni di euro buttato nei campi fa 12 miliardi di euro svaniti nel nulla nel 2017. LO SPRECO primario è in casa, dunque. Oppure a scuola, visto che Reduce ha monitorato anche 73 plessi di scuola primaria in Italia, dove ogni giorno l’equivalente di un terzo dei pasti viene gettato: 120 grammi di cibo per studente, divisi tra avanzi rimasti nel piatto (16,7%), cibo rimasto intatto in mensa (5,4%) e portato in classe e poi non mangiato (7,4%). NON che nulla sia migliorato finora. «Dal 2010, quando è nato – osserva Andrea Segrè – il movimento Spreco Zero è diventato sinonimo di un orizzonte più sostenibile, e oggi i primi test sullo spreco reale e non stimato dimostrano che lo spreco domestico vale il 40% in meno rispetto all’anno scorso. Bilancia alla mano, gli italiani sprecano circa 37 chili di cibo all’anno contro gli 84 del dato precedente, con un risparmio di 110 euro in 365 giorni». Merito anche dei monitoraggi, che ci mostrano casa nostra e le nostre abitudini come non abbiamo mai avuto il coraggio di vederle. Lo dicono i dati 2018 dell’Osservatorio sugli sprechi alimentari e domestici delle famiglie italiane, relativi alle rilevazioni waste watcher 2017 di Last minute market e Swg, che verranno presentati oggi a Bologna per la quinta Giornata nazionale contro lo spreco alimentare e che qui anticipiamo. Ci dicono intanto che il pasto incriminato nelle nostre case è la cena, in cui tutti sprechiamo di media una volta e mezzo in più del pranzo. Poi che mettiamo in pattumiera soprattutto verdura (il 25,6% dello spreco totale), poi latte e latticini, frutta e prodotti da forno. MA COS’È lo spreco per gli intervistati? Per il 46% soprattutto il cibo gettato nonostante sia commestibile. Per il 39% soprattutto quello buttato durante la preparazione. Certo, ci sono le buone pratiche, anche se non tutti le rispettano: il 56% delle persone conserva sempre il cibo avanzato, il 19% lo fa quasi sempre, il 14% spesso. Il restante 11% lo fa raramente, molto raramente o mai. Il 46% assaggia sempre i cibi appena scaduti prima di buttarli, il 9% solo qualche volta. Va peggio nella prevenzione degli sprechi: la lista della spesa è un imperativo solo per il 30%, e solo il 25% valuta sempre attentamente la quantità di cibo di cui ha bisogno (il 16% solo qualche volta), eppure l’86% condivide che controllare cosa serve davvero prima di fare la spesa sia il miglior modo per non sprecare. La doggy bag, ovvero portare a casa il cibo avanzato al ristorante è una priorità per l’11% delle persone, non lo fa mai il 20%, solo qualche volta il 18%. EPPURE l’81% degli intervistati ritiene assurdo lo spreco di cibo, si sente triste (39%) o tristissimo (32%) quando lo fa e spiega che buttare via il cibo è «da persone molto irresponsabili» (42%) o «irresponsabili» (36%). Le soluzioni? Intanto la rete di Comuni virtuosi sprecozero.net coordinata da un sindaco emiliano, Stefano Mazzetti di Sasso Marconi. E il futuro? «Adesso è il momento di rilanciare su due proposte chiave – spiega Segrè – l’inserimento dell’educazione alimentare come materia di studio nelle scuole primarie, e la richiesta di una normativa comune europea da promuovere anche attraverso l’anno europeo dedicato alla prevenzione dello spreco alimentare».