Ambiente, riciclo a perdere

Greta Thunberg sta convincendo una generazione di giovani che ',non c'è più tempo da perdere per salvare il pianeta» e che è necessaria una modifica radicale del nostro modo di vivere: stop alle auto, alla plastica, alla doccia quotidiana, ai detersivi, alla carne... Ma c'è anche chi se la prende molto comoda: paradossalmente, proprio il ministero dell'Ambiente. Succede così che tra un allarme apocalittico sull'innalzamento dei livelli degli oceani e un dibattito pubblico dominato dal catastrofismo, i provvedimenti che dovrebbero rendere possibile il riciclo dei rifiuti (cosa c'è di più ecologico della trasformazione di un rifiuto in un bene pronto per essere utilizzato?) accumulino ritardi di anni, o addirittura di decenni. Tanto che le aziende del settore non sanno più a che santo votarsi per poter continuare a fare il loro lavoro, cioè pulire il mondo. Sul banco degli imputati, al primo posto, dunque, il dicastero dell'Ambiente a partire dai ministri che si sono succeduti negli ultimi anni, fino ai dirigenti che sembrano essere pagati per tenere fermi il più a lungo possibile provvedimenti attuativi che dovrebbero essere atti dovuti. Succede così che, mentre nei convegni si pontifichi di economia circolare o di End of Waste (EoW, in inglese, chissà perché, suona meglio) in via Cristoforo Colombo si accumulino ritardi normativi fuori da ogni logica. Così, tanto per fare un esempio, il decreto ambientale esaminato dal consiglio dei ministri del 20 settembre, poi rinviato, aveva un articolo 12 dedicato alla «cessazione della qualifica di rifiuto» ancora completamente in bianco. Erano invece ben definite le norme sulla tassazione delle merendine, dei voli aerei o delle bibite gassate. Eppure la transizione all'economia circolare non si può far senza le imprese del riciclo (che sono uno degli elementi più importanti di tale sistema), ma queste hanno bisogno di essere autorizzate a far cessare la qualifica di rifiuto (End of Waste) in modo da restituire, dopo il trattamento, prodotti, materiali e oggetti destinati al mercato. Tra l'altro il mondo del riciclo non è fatto solo da i impianti tradizionali, cle lavorano in un universo statico e immutabile, ma da processi in continua a . ""erq ì zione e innovazione per rispondere in modo sempre più efficace ai mutamenti del sistema produttivo. Processi che necessitano di nuove autorizzazioni per le diverse tipologie e attività di riciclo dei rifiuti. Invece le disposizioni vigenti (l'art. 184-ter del dlgs 152/2006, maldestramente modificato di recente dal decreto sblocca cantieri, e restrittivamente interpretato dalle autorità locali) limitano il rilascio delle autorizzazioni al recupero dei rifiuti ai soli decreti ministeriali risalenti agli anni novanta. Peraltro le attività più colpite sono proprio quelle che impiegano modalità e tecnologie più innovative per il riciclo e recupero dei rifiuti e quindi paradossalmente anche tra le più efficaci per la tutela ambientale e lo sviluppo dell'economia circolare. Ma, evidentemente, è più comodo cianiare di mutamenti ambientali e di scioglinto dei ghiacciai piuttosto che mettersi ivere un regolamento sul riciclo degli pneumatici, dei rifiuti elettrici, dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata, oppure definire le regole sulla bonifica delle terre da scavo. Fare uno sciopero per il clima può essere divertente, e non espone ad alcun rischio (nemmeno quello di assenza ingiustificata dalla scuola), mentre scrivere un decreto significa assumersi delle responsabilità, quindi, è sempre meglio un rinvio.

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